Michele Ducci – SIVE (Monotreme, 2024)

Pop cantautorale di grande respiro quello di Michele Ducci, già in M+A e Santii, al quale basta una ballata pianola e voce d’entrata per lasciare un solco, proprio come il the River che la intitola. Sono le basi del languore, dei brani che, capitandoti nel momento giusto fra capo e collo rischiano di stringersi a te, a voi, come catene indissolubili. Letizia Mandolesi si offe come seconda voce a colorare il paesaggio, in brani che sono personali, suonando onesti e sinceri. La voce di Michele Ducci sembra a tratti colloquiale, acerba, vicina come potrebbe esserla quella di un amico che ti fa ascoltare i suoi primi risultati sonori. Solo che qui c’è un minimale e centrato lavoro di cesello, che domistra come si possa fare pop intimo e di qualità con una produzione scarna e pulita. Michele ci butta anche un pizzico di soul, una negritudine che lacca le portate di miele, come una Just Because dolce da leccarsi le dita, ma è tutto il disco ad essere ammantato di un romanticismo tenero e toccante, che potrebbe far presa su molti. Un disco confidenziale, lascivo a tratti, di quel groove leggero che riesce a condensare gli aliti poetici trasmutandoli in carne. Un disco che non ascoltavo da diverso tempo e che potrebbe crescere e far breccia, che i singoli non mancano, sia per il sabato sera come Secondfirstime che per la domenica mattina come You Lay the Path by Walking on It. Michele gioca e gioca bene, lasciandoci l’impressione, nella trickyana Hic, che questo fosse semplicemente quello che gli passava per la testa di fare a questo giro e la naturalezza con la quale apre squarci sui possibili scenari è semplicemente impressionante.