Luca Perciballi – Sacred Habits (Kohlhaas, 2024)

Chiudevo la recensione di Empires dei Maorooro dicendo di Francesco Cigana e Luca Perciballi come musicisti ai quali dedicare attenzione. Le antenne mi si sono quindi drizzare appena sentito di un album solo del chitarrista alla corte di Kohlhaas, vista la qualità eccelsa delle produzioni passate sotto la mano di Marco Marmo.
Sacred Habits è disco colmo di suono crudo e di viaggi interiori. Perciballi riesce a dare una voce allo strumento facendolo vivere, balbettare e convincere. Le percussioni che Luca aziona a piede mi ricordano a tratti quanto vidi nel fraseggio di una storica impro condivisa fra Manuel Mota e Simone Mauri, chitarra, saxofono e piede, con lo scalpiccio ad intergrarsi in una crudezza estasiante, proprio come in questo caso. Luca sa essere roccioso, utilizzando un suono fisico, modulato per stridere e colpire, ma anche librarsi in solchi più lievi, oppure parafrasare letteralmente il mondo animale, addentrandosi negli insetti e nascondendosi fra loro. Negli undici Sacred Habits c’è la capacità di un musicista di sperimentare accompagnandoci in un mondo ed in un viaggio personale.
Sacred Habits è un disco noise, forse un travaglio, di sicuro un viaggio iniziatico. Certamente dev’essere così, che le nostre orecchie risuonano e rimbalzano letteralmente sui tocchi del musicista, letteralmente in balia della sue violenze e dei suoi squarci. A tratti sembra di ascoltare vaporosi free-jazz fra il Medio Oriente ed il Nord Africa, a tratti versacci da celolunghismo da sala prove che si schiantano in violenti feedback. Luca riesce ad osare con i suoni dando il giusto fastidio, tenendoci continuamente su una corda vellicata e seviziata a lungo. Bello sarebbe poter godere di questi suoni in un ampio spazio colmo di gente, un cerchio vuoto al centro e Luca a sconquassarsi le mani su questo materiale, i corpi del pubblico al controcanto silenzioso, le urla emesse per sfogo, soddisfazione, follia o disperazione, il sudore freddo. Poi uno squarcio che da Maorooro sembra essere fuggito, il penultimo brano a collegarsi con quanto di Luca Perciballi conoscevo n qualche modo, un mondo di tensione umida che si apre lentamente, sbancando letteralmente ed aprendosi all fase finale del disco, somma di astrazione, suono angelico ed alieno, sacred habits.