LAMETIA – Messa di voce (Non Piangere, 2024)

Terzetto atipico quello dei LAMETIA, formato da Camilo Calarco Arasanu al contrabbasso, Adriano Cava ad elettronica, chitarra, tromba e Jason La Mecca a clarinetto, batteria e voce. Non ho avuto il piacere di ascoltare il loro esordio, uno split targato wraawraaaa insieme a Mira (qui ospite in due brani) e datato 2021, ma di certo andremo a recuperare anche i loro primi passi più che volentieri.
Messa di voce è ritmo guardingo, suadente e profondo. La voce di Jason, in Quando l’amore, ci riporta direttamente nei migliori anni fra ’60 e ’70, come se gli Wow fossero dati in pasto ad un terzetto jazz sotto acido. Ma c’è molto di più: movenze naturistiche ricreate in vitro come se i Microstoria fossero stati messi a suonare in un vivaio, sbraiti forsennatamente free, languori che si approfondiscono fino a trasformarsi in crepacci. Il trio riesce a catalizzare la nostra attenzione muovendosi fra i generi, tanto che il jazz si mischia alla spy music, all’avanguardia ed ad una psichedelia meditabonda. Questa difficoltà ad inquadrare il progetto è la sua più grande fortuna, per un’entità che sembra danzare davanti ai nostri occhi coperta di veli, senza farsi riconoscere fino in fondo ed ammaliandoci senza pietà. Nella title track esce l’Africa, incastonata in una sorta di poesia espressiva, per un ponte con il pop italiano più allucinato degli scorsi decenni, in camisascheo sentore. Flago è tutta bassi e brividi, con crisalidi acute che sbrecciano l’aria aprendosi in splendide farfalle. Il disco si conclude con con una ghost track, Calafquen, che sembra uscita da un teatro spettrale, calcato dai fantasmi degli attori passati. Se ne vanno così, misteriosamente come sono arrivati. Messa di voce è un disco per molto versi sorprendente, ancora una volta edito da un’etichetta, Non Piangere Dischi, che negli anni si è sempre mossa producendo lavori mai banali, e talvolta sorprendenti.