Cut Piece – Your Own Good (Total Punk, 2024)

Quartetto con base a Portland le Cut Piece arrivano al debutto dopo un 7” ed un singolo digitale, con la giusta carica degli esordi. Solo 23 minuti per undici minuti nei quali la ferocia e la rabbia della band caracolla dietro alla voce di Laura con un piglio punk che abbraccia sovente il lato scuro degli anni ’80, con ritmi che richiamano a tratti le sirene inglesi, come un Down Your Door che ha il piglio di una fuga sotto la pioggia. La copertina stessa dell’album, con una maschera dubbiosa davanti ad un colonnato irto di filo spinato a coprire un cimitero sembra mettere in evidenza pericoli, falsità e tensioni di una società forse prossima alla fine. Cut Piece hanno il piglio giusto, non inventano nulla ma sfruttano i punti di forza, un basso rudimentale e profondo, un cantato per il quale si immagina il gomito alto, a rischio mandibilare per le prime file dei concerti, la precisione ed il calore di Mary in batteria. Zach dal fatto suo lancia la chitarra in fughe che, com’è Chase the Night, sembrano veri e propri raid a caccia di malcapitati. C’è un onnipresente senso di tensione nella musica delle Cut Piece, una drammaticità che non grava sul disco, super scorrevole, ma che da spessore ad una musica sporca ed intensa, per nulla leggera ma carnale e sudata. A tratti, come in Big One Hits, ci sarbbero i presupposti per una linea melodica quasi solare, ma sembra che la missione dei Cut Piece sia sposare l’orecchiabilità produttiva con polvere, cenere ed oscurità. Come mettere i Bauhaus su Fat Wreck? Forse suonerà come un’eresia ma datemi credito e soprattutto godetevi treni lanciati nella notte come Soft Limit Hard Line ed Your Own Good, sicuri, ci metto la mano sul fuoco, che questo sarà solo il primo capitolo di una bella corsa e che di questi Cut Piece risentiremo parlare a tempo debito. Nella finale GUGI spunta addirittura un sax marcissimo, come facciamo a non amarle? Impossibile.